Mercato, democrazia, circolazione delle idee: lo scontro tra Habermas e Streeck

Di Simone D’Alessandro

La tensione tra capitalismo e democrazia è tema da sempre dibattuto. Ma in questo breve articolo (o post lungo) vorrei soffermarmi su Wolfgang Streeck e Jürgen Habermas, appartenenti all’ultima generazione della scuola di Francoforte. Il sociologo Streeck (allievo di Adorno negli anni ’70) riprendendo tesi già presenti nell’articolo Il futuro della diversità dei capitalismi[1] ha pubblicato un libro dal titolo emblematico: Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico[2].Andando alla radice della crisi finanziaria che egli interpreta come fase all’interno della lunga trasformazione neoliberista del capitalismo del dopoguerra iniziata negli anni Settanta, Streeck esamina la trasformazione del sistema degli stati europei: da stati fiscali fondati sulle imposte, a stati indebitati, a stati basati sul consolidamento. L’autore ritiene che l’integrazione economica europea stia privilegiando gli interessi di pochi turbo-capitalisti.

Ciò minerebbe le fondamenta della democrazia, della mobilità sociale e della libera circolazione delle idee. Per arginare questa deriva occorrerebbe tornare alle sovranità nazionali.

Habermas, al contrario, ritiene che l’Unione Europea sia l’unico avamposto democratico in grado di conciliare o comunque comporre gli interessi, a volte contrapposti, tra persone e mercato.

Secondo Streeck la situazione è così grave che ci sembra di capire sempre meno che cosa stia succedendo e in che modo si sia arrivati a questo punto. Negli anni Sessanta il sistema capitalistico guadagnò tempo con il welfare state di tipo keynesiano. Dopo la crisi petrolifera il sistema si servì del debito pubblico come grande ammortizzatore delle tensioni sociali e politiche. Oggi, per guadagnare tempo, il sistema trasforma l’Unione Europea in una macchina al servizio della finanza, imponendo l’austerità a molti, incrementando i profitti di pochi.

In altre parole, i passi adottati dall’Europa negli ultimi sessant’anni non sarebbero altro che mutazioni strategiche capaci di mettere ai margini la democrazia, la creatività che viene dal basso e i diritti del lavoratore/consumatore. Di tutt’altro avviso sembra essere Habermas. Pur nella consapevolezza che il liberismo attuale sia caratterizzato da monopoli e da logiche nepotistiche contrarie agli ideali del libero mercato, il filosofo tedesco prende le distanze dalle posizioni neomarxiste di Streeck, rinnegando in parte le proprie radici. Habermas non crede nella capacità “auto-riflessiva” del sistema di potere di pensare in modo coerente a come ridurre le istanze democratiche. Il sistema prende decisioni contingenti, spesso prive di continuità. Da questo punto di vista Habermas mostra scetticismo di fronte alle presunte teorie “complottiste” che vedono un disegno preordinato rispetto a quello che succede. L’eccesso di variabili non permette il controllo, né la previsione, né il piano di lungo termine. Inoltre, è impensabile adottare modelli del passato per correggere le distorsioni del presente. Infine, la democrazia può salvarsi solo grazie alla realizzazione totale dell’Unione Europea che passa attraverso l’integrazione politica, fiscale e culturale. Ma l’Europa significa relazione basata sul noi (Wir-Perspektive la chiama Habermas, We-Relation la chiamerebbe Donati). Habermas, in questo senso, pur essendo tedesco non mostra simpatia per la politica della Merkel. La democrazia in Europa sarà possibile solo quando avremo il coraggio di accettare un più elevato livello di redistribuzione fra Stati tramite il bilancio dell’Unione. Come puntualizza anche Maurizio Ferrara sulle pagine del Corriere della Sera, a questo proposito: Mutualizzazione del debito, eurobond, unione bancaria: solo con questi strumenti è possibile uscire dalla crisi salvaguardando democrazia e solidarietà[3]. Sinora la Germania è stata il maggiore beneficiario della moneta unica, mentre le altre nazioni sono rimaste al palo.

Il tema di fondo è che il sistema va riformato, ma non certo abbattuto. Se intendiamo il mercato da liberali (non da liberisti) e la partecipazione da democratici (non da demagoghi) dobbiamo semplicemente aumentare le possibilità per coloro che hanno idee ma scarsa capacità finanziaria per portarle avanti. Biodiversità culturale e mobilità sociale dovrebbero essere le parole d’ordine della rinnovata politica europea. Se pensiamo che il dibattito Habermas/Streeck è iniziato negli anni ’90 arrivando al 2013, ci accorgiamo che oggi (Dicembre 2021) siamo ancora nel guado.


[1] Crouch C., Streeck W., Il futuro della diversità dei capitalismi, in Stato e Mercato, n. 1/1997, Il Mulino, Bologna.

[2] Streeck W., Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico, Feltrinelli, Milano, 2013.

[3] http://lettura.corriere.it/debates/il-dilemma-delleuropa-capitalismo-vs-democrazia/