Alcuni paradossi di una scrittura inevitabilmente creativa
Di Simone D’Alessandro
Molti mestieranti della scrittura dispensano verità evangeliche in forma di aforismi. Una frase che va per la maggiore recita il seguente precetto: «Non descrivere, mostra: dettagli, dialoghi, scene, definiscono un carattere o una situazione meglio di tanti astratti aggettivi».
Questa definizione è presente in numerosi saggi e manuali di scrittura, non solo italiani. Anche il grande Carver si è lasciato affascinare da questo assioma gnomico che inserisce ne Il mestiere di scrivere. Esercizi, Lezioni, Saggi di scrittura creativa, ristampato da Einaudi nel 2008.
Debbo confessare che quando leggo definizioni che pretendono di ridurre un mondo articolato e imprevedibile in una legge dogmatica perdo le staffe: ovviamente anche quando sono io scriverle! Sopratutto quando si tratta della forma letteraria. Cosa significa l’espressione “non descrivere, mostra”? Si può essere descrittivi mostrando e si può mostrare descrivendo.
Un’azione può mostrare. Una considerazione inserita improvvisamente – quasi fuori luogo – nel bel mezzo di un’azione può mostrare ugualmente, in alcuni casi anche più intensamente.
Nessuna proposizione, isolata dal contesto in cui è inserita, può definirsi in sé meramente descrittiva né puramente icastica. Qualsiasi visione scaturirà da una concatenazione. «M’incammino lungo il marciapiede. In fondo alla strada dei ragazzi si lanciano una palla. Ma non sono i miei ragazzi e neanche i suoi».Questi tre periodi, descrittivi quanto basta pur essendo parchi di aggettivazione, mostrano e fanno immaginare molte situazioni. Soltanto chi ha letto “Intimità” di Carver collegherà le suddette frasi al finale del racconto omonimo, riferendo “i miei ragazzi” anche ai “suoi di lei”, perché chi parla fa tornare alla memoria la sua ex moglie che ora sta con un altro, lasciando immaginare al lettore non semplicemente dei giovani con la palla ma la sofferenza, la nostalgia e, forse, la separazione indotta anche da quell’assenza di figli. C’è di più! C’è un modo tutto “carveriano” – in realtà, presente anche in altri autori ma in modo mendo denso – di affrontare temi cruciali in modo leggero: si vedano in proposito le note Lezioni Americane di Calvino. Considerazioni buttate lì, senza tanta enfasi e un modo implicito di stimolare l’esplicito nelle teste di ogni lettore. Il testo di Carver offre in pasto poche parole, senza assumersi la responsabilità delle possibili inferenze. Attraverso la retorica dell’insinuazione lascia lavorare la fantasia del lettore.
Fa in modo che le immagini evocate si costruiscano in azione.
La concatenazione delle molteplici interpretazioni prodotte dai lettori-investigatori, si sommano a ciò che ha mostrato l’autore che ha lanciato il sasso nascondendo la mano. Carver non esplicita le sue osservazioni. Le pone quasi distrattamente, sei righe prima del finale. Eppure, la sua afasia diviene provvida di visioni. L’autore lavora sui presupposti, permettendo al lettore la chiarificazione soggettiva di una possibile soluzione esplicita. Ora mi chiedo e chiedo ai miei lettori: «questo modo di fare riduce la visualizzazione da parte del lettore o, al contrario, la enfatizza?». Una descrizione ricca di non-detti irrompe nelle menti di ciascuno. Il mostrarsi dipende dagli antefatti che solo chi ha letto il racconto può conoscere. Quelle stesse frasi, prive di contesto, spoglie della concatenazione con il passato e le sue conseguenze, non produrrebbero gli stessi effetti.
I particolari danno vita al racconto e stimolano “visioni” soggettive in ogni lettore.
Ma i particolari dipendono da altri particolari e dalle azioni a essi collegate prima, durante e dopo. Quindi, nel momento in cui costruiamo frasi che intendono essere vive e ricche di immagini, dovremmo riflettere di più sul rapporto con quanto è stato scritto in precedenza.
Non possiamo semplicemente affidarci alla capacità ostensiva e descrittiva delle frasi in sé.
Anche per questo l’occhiello di questo articolo è stato costruito in forma di proporzione. “Non descrivere: mostra = Non mostrare: descrivi”. Come se volessi dire che “il non essere descrittivi sta al voler più intensamente mostrare come il non voler mostrare sta al voler essere fortemente descrittivi”. Il risultato molto chiaro di questa formula è il seguente: Dipende!
Essendo quest’ultima considerazione una formula che riporterebbe agli aforismi tanto criticati in precedenza, non posso che “odiare” quanto detto nelle ultime righe, poiché minimizzano una complessità che nessuna frase fatta potrà mai contenere.
La morale di quest’articolo consiste in un inevitabile paradosso della scrittura: si persegue una regola credendo di trovarsi in un sentiero e si scopre, come d’incanto, di percorrerne un altro.
Il mostrare porta verso il descrivere e viceversa. Per essere credibili bisogna conoscere le regole, ma anche riconoscerne le profonde ambiguità. Inevitabilmente le parole, nel loro susseguirsi, mostreranno una creatività frutto di una relazione tra significato letterale delle frasi, connotazioni secondarie, presupposti, contesto narrativo precedente, lettore coinvolto e intenzioni artistiche, rovesciando gli intenti di qualsiasi regola imposta dall’autore dell’opera. La più banale delle frasi potrà godere di interpretazioni inevitabilmente creative. Nessuna frase della letteratura sarà mai di per sé creativa. Le relazioni tra frasi lo saranno sicuramente.