Di Simone D’Alessandro
È oggetto di ricerca e ha scatenato numerosi dibattiti in riviste specializzate. Anche il noto settimanale Internazionale ha riportato un servizio approfondito sul tema, ma sui principali mass media italiani si affronta con superficialità: stiamo parlando degli effetti collaterali di sms, scambi attraverso social network e navigazioni estenuanti su internet.
Depressione, psicosi reattiva, ossessioni compulsive, disturbi bipolari e dell’attenzione, sono alcune delle patologie oramai acclarate da diversi studi provenienti da settori disciplinari differenti (dalle neuroscienze alla psichiatria; dalla filosofia della mente alla sociologia) che pur partendo da oggetti di indagine e metodologie differenti, arrivano a conclusioni similari: le tecnologie possono portare alla dipendenza, modificano il sistema cognitivo, alterano umori e funzioni psicofisiche.
Sherry Turkle, psicologa del M.I.T. afferma che negli Stati Uniti le persone passano in media 7 ore al giorno davanti al computer, gestiscono 3.700 sms al mese, hanno la sensazione che il telefono vibri anche quando ciò non accade (la chiamano Sindrome della vibrazione fantasma in analogia alla sindrome dell’arto fantasma).
Negli anni ’70 Bateson scriveva un libro importante quanto profetico: Verso un’ecologia della mente. Non dobbiamo preoccuparci solo dei rifiuti materiali da gestire in discarica, ma anche del bombardamento di idee-concetti che, come i rifiuti intossicano e intasano il nostro cervello senza la possibilità di essere smaltiti o rigettati. Risultato: il sistema va in tilt o crea dei loop girando su sé stesso. Peter Whybrow, Direttore dell’Istituto Semel di Neuroscienza e comportamento umano alla University of California sostiene in una sua ricerca che “il computer è come una forma di cocaina capace di scatenare cicli maniacali seguiti da periodi di depressione”.
Nicholas Carr – nel suo libro Internet ci rende stupidi? – afferma che il web accentua il comportamento ansioso e incoraggia le ossessioni. Lo psicologo Larry Rosen, studiando gli effetti della rete da decenni, ha dimostrato che essa in alcuni casi determina l’infermità mentale.
Nel 2013 il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm) ha inserito, tra le patologie, i disturbi che scaturiscono dall’interazione uomo macchina. In Cina, Taiwan e Corea del Sud i danni causati dal web vengono trattati come un’emergenza sanitaria. Ogni anno aumentano casi di adolescenti dipendenti da poker on-line, realtà virtuale e social network: nell’articolo del Newsweek di Tony Dokoupil, tradotto e pubblicato dal settimanale Internazionale, si parla di casi che hanno del paradossale come quello di una giovane coppia che ha trascurato il figlio fino a farlo morire mentre si prendeva cura di un bambino virtuale.
Elias Aboujaoude, psichiatra della scuola di medicina della Stanford University, dove dirige la clinica dei disordini ossessivo-compulsivi, afferma di essersi occupato di numerosi pazienti che sono diventati internet-dipendenti senza aver mai sviluppato in precedenza altre forme di dipendenza. Egli dimostra che l’uso delle tecnologie ha determinato, nell’ultimo decennio, un aumento del 66% di casi di disturbi ossessivo-compulsivi, di deficit di attenzione e di iperattività. Nel 2010 un gruppo di ricerca dell’Università del Maryland ha condotto un esperimento dove ha chiesto a 200 studenti di scollegarsi da internet per 24 ore e da qualunque tecnologia mobile. Successivamente ha interrogato le persone per capire le sensazioni determinate da questo atto. Quasi tutte hanno confessato di essere dipendenti o di aver sofferto l’assenza di collegamento in modo quasi fisico. Tra l’altro, durante la ricerca è stato difficile anche costruire il campione da esaminare, perché migliaia di persone si sono rifiutate di scollegarsi per così tanto tempo: era per loro inconcepibile.
Nel libro iDisorder l’autore Larry Rosen ha presentato i risultati condotti da una ricerca su un campione di 750 persone (adolescenti e adulti) descrivendo in dettaglio le loro abitudini tecnologiche, i loro sentimenti su queste abitudini e i loro punteggi in una serie di test standard sui disordini psichiatrici. La maggior parte degli intervistati, con l’eccezione di quelli al di sopra dei cinquant’anni, controllava ogni quarto d’ora e-mail, sms e social network. Rosen ha scoperto che chi passava più tempo on-line aveva un maggior numero di tratti tipici della personalità compulsiva. Judit Donath, esperta di mezzi comunicazione del Mit, ha spiegato che ricevere un sms è un po’ come “doparsi” perché ogni volta che arriva un messaggio la mente umana, caricandosi di aspettative rispetto alla potenziale informazione che potrebbe essere di qualsiasi tipo (economica, affettiva, sessuale) rilascia dopamina ricaricando il motore della compulsione. È un effetto simile a ciò che prova un giocatore di poker quando sta per arrivare una nuova carta che potrebbe essere quella decisiva. Nel 2008 Gary Small, il capo del centro di ricerca sulla memoria e l’invecchiamento della University of California di Los Angeles, è stato il primo a documentare i cambiamenti del cervello in seguito a un uso anche moderato di internet. Ha preso 24 persone, per metà utenti esperti del web e per l’altra metà principianti e le ha sottoposte alla risonanza magnetica. La differenza era impressionante perché gli utenti della rete mostravano una corteccia prefrontale sensibilmente alterata. Small, inoltre, ha chiesto ai principianti di passare 5 ore on-line e di tornare dopo una settimana per un’altra risonanza. Risultato: cervello modificato. Il cervello degli internet-dipendenti assomiglia a quello degli alcolisti e dei tossicodipendenti: alcuni ricercatori cinesi hanno trovato, nella materia grigia, una materia bianca anomala, sostanzialmente cellule nervose in più che servono alla velocità nelle aree preposte all’attenzione, al controllo e alle funzioni esecutive. Queste anomalie determinerebbero una riduzione, dal 10 al 20%, delle aree del cervello responsabili della parola, della memoria, del controllo motorio, delle emozioni e delle informazioni sensoriali. Tali anomalie possono degenerare, ciò significa che se l’esposizione a videogames, chat, navigazioni interminabili continua il cervello rischia l’atrofia.
La cosa più allarmante è che siamo tutti a rischio visto che trascorrere più di 38 ore alla settimana on-line è segnale di dipendenza e che, oramai, per motivi di lavoro molti di noi hanno largamente sforato questa soglia. L’uso della rete è pervasivo e si sostituisce allo scambio interpersonale, al sonno, alle attività sportive. Gli studiosi della Case Western Reserve University hanno individuato un rapporto tra abuso dei messaggi, uso di social network, depressione e pensieri suicidi.
Sempre Sherry Turkle nel suo libro Insieme da soli (uscito per codice nel 2012) presenta le sue conclusioni sulle tecnologie dopo aver intervistato 450 adolescenti, arrivando alla conclusione che gli esseri umani hanno un rapporto distopico con il web.
Adolescenti in piena fase di sviluppo identitario vengono distolti dalle maschere dei “profili identitari” sui social. Alcuni studenti affermano che la vita è “solo un’altra finestra”, ossia una delle possibilità del reale. Non possiamo più affermare che le persone che hanno già un disagio si rifugiano nel web, dobbiamo accettare il presupposto che anche il web produce disturbi della personalità e dobbiamo cominciare a costruire uno sviluppo sostenibile per la mente.