Il fenomeno delle reti d’impresa e l’organizzazione relazionale

Il fenomeno delle reti d’impresa e l’organizzazione relazionale

Ho cercato di comprendere le buone pratiche – in termini di beni relazionali, innovazione, sostenibilità e clima organizzativo – delle organizzazioni che decidono di integrarsi e combinarsi, disattivando le proprie autoreferenzialità al fine di costruire qualcos’altro, come ad esempio: reti d’imprese, poli d’innovazione, consorzi tra università e imprese; fondazioni cultural-sociali, associazioni ibride artistico-imprenditoriali. Sono emerse cose interessanti:

    • Le configurazioni più efficaci, durature ed efficienti sono quei network che diventano comunità orientate alla we-relation e agli scambi di beni relazionali ritenuti determinanti per il raggiungimento di obiettivi di profitto o di prestigio o di altra natura.
    • La nota teoria di Granovetter sui legami deboli viene, da certi punti di vista, ridimensionata. Nelle reti d’impresa, ad esempio, per generare nuove forme organizzative bisogna consolidare i legami prima di prendere decisioni irreversibili. Ciò significa stabilire rapporti consuetudinari di carattere interpersonale e fondati su reciprocità, condivisione di valori di base e linguaggi d’accesso. Questo modo di fare in India, Cina e Giappone, Corea del Sud non è mai stato messo in discussione e ha determinato l’esplosione dei distretti industriali; da noi questo modello è stato vincente dagli anni ’60 agli anni ’90 soprattutto nella nota ‘Terza Italia’: Veneto, Emilia, Marche, Umbria, una parte della Lombardia e una parte dell’Abruzzo dove reti d’impresa sono nate prima che si chiamassero in questo modo. Soprattutto nelle reti d’imprese e nei consorzi è stato osservato che nel corso del tempo le dinamiche relazionali diventano forti quanto quelle famigliari o amicali: soltanto dopo questa mutazione da debole a forte, le reti assumono connotazioni stabili e produttive. Ovviamente, le osservazioni non sono ancora di una quantità sufficiente a poter dimostrare in modo incontrovertibile tutto ciò. Ma la strada è tracciata.
    • Il dato più importante che emerge dalle ricerche è collegato al tema Policy/Regole. Sono anni che si assiste al nascere di normative europee e nazionali che incentivano collaborazioni tra soggetti differenti, soprattutto per quanto riguarda le reti d’impresa. Le reti/comunità d’impresa nate senza utilizzare fondi pubblici si sono rivelate più efficaci e più veloci. Molte configurazioni nate “opportunisticamente”, ossia sfruttando gli incentivi, si sono dissolte dopo aver utilizzato l’incentivo. Ciò a riprova del fatto che i meccanismi d’incentivo pubblico dovrebbero essere rivisti. Bisognerebbe premiare le reti a raggiungimento del risultato e non semplicemente perché dei soggetti decidono di aggregarsi. Questo significa rivedere profondamente il sistema di policy lib/lab. Il sostegno finanziario pubblico dovrebbe supportare chi aveva già intenzione di portare avanti un’iniziativa, evitando di creare “trappole sistemiche” laddove i soggetti rispondono ai bandi di finanziamento con il solo scopo di “prendere a prescindere da ciò che si restituisce”. Infine, i vincoli normativi dei meccanismi d’incentivo spesso snaturano l’obiettivo stesso nato dalla policy, ossia l’intento principale dell’idea-madre che la politica ha partorito per generare quel tipo di finanziamento.