De Bono e il pensiero laterale: un classico dimenticato e i suoi punti di riferimento semplici, ma ineludibili.

Di Simone D’Alessandro

Secondo Edward De Bono la mente è un sistema modellizzante: opera per la creazione di modelli nel proprio ambito. Una volta formati i modelli è possibile riconoscerli, reagire ad essi e sapere come usarli. Più i modelli vengono utilizzati, più si fissano saldamente, poiché la mente non è una macchina, ma un ambiente speciale che permette alle informazioni di organizzarsi.

In un siffatto sistema è agevole fondere modelli o ampliarli. Tuttavia, è estremamente difficile ristrutturarli, perché essi controllano l’attenzione. Bisogna, allora, pensare o agire lateralmente per liberarsi dalle prigioni concettuali.

Secondo De Bono il pensiero laterale (sintetico e analogico) è complementare al pensiero verticale (logico-computazionale). Nel pensiero laterale è possibile sbagliare, in una certa fase, allo scopo di raggiungere una soluzione corretta successivamente.

Nel pensiero verticale (iper-logico) ciò non è possibile. Il pensiero laterale è produttivo. Il pensiero verticale è selettivo: «Il pensiero verticale viene usato per scavare più in profondità la stessa buca. Il pensiero laterale scava la buca in un posto diverso»[1].

Il pensiero laterale permette la generazione di alternative, senza emettere giudizi definitivi, focalizzando l’attenzione sui modelli in trasformazione. In tal senso De Bono propone delle regole, da cui non è possibile prescindere, per innescare lateralità:

  • Generare alternative. Ogni modo di considerare le cose è solo uno fra molti possibili. La ricerca di alternative non dovrebbe fermarsi una volta trovata la soluzione, ma continuare come forma di allenamento mentale.
  • Mettere in discussione i presupposti. L’accordo generale circa un postulato non ne garantisce la correttezza.
  • Innovare. Anticipatori o Epigoni? Non esiste una reale distinzione tra pensiero anticipatore e pensiero retrospettivo: può essere necessario guardare indietro in un modo nuovo, al fine di andare avanti. Innovazione non è mito del nuovo, ma cambiamento di uno stato.
  • Sospendere il giudizio. Essere nel vero significa esserlo in ogni momento. Essere efficaci significa essere nel vero solo alla fine. La necessità di essere nel vero è il maggiore ostacolo alle nuove idee. Lee Forest scoprì l’utilissima valvola termoionica, seguendo l’erronea idea che una scintilla elettrica alterasse il comportamento di un getto di gas.
  • Isolare idee dominanti. Ciascuno di noi è sicuro di conoscere ciò di cui sta parlando, ma se gli si domanda di individuare l’idea dominante, gli si presenteranno delle difficoltà di scelta. Se non si riesce a individuare un fattore dominante si finisce per essere dominati.
  • Frazionare. Creare delle parti anche quando ciò non è funzionale, aiuta lo sviluppo del pensiero laterale.
  • Invertire. Invertire dall’interno all’esterno, dall’alto verso il basso, da davanti a dietro, ogni parte di una situazione, stimola il pensiero laterale. I guerrieri giapponesi, dopo il combattimento con l’avversario, ripercorrevano con la memoria i loro movimenti per cercare di capire dove avevano sbagliato.
  • Creare analogie. Confrontare qualcosa con qualcos’altro sviluppa nuovi sentieri.
  • Scegliere punti di accesso. La mente umana, nel momento in cui prende in considerazione un problema, seleziona informazioni fino a un massimo contenibile dal suo sistema. A seconda del punto d’accesso all’informazione, si ha un determinato utilizzo della stessa. Trovare più punti d’accesso significa avere più possibilità.
  • Stimolare casualmente. Anche l’informazione irrilevante può rivelarsi proficua.
  • Evitare blocchi. Sono molto frequenti gli impulsi al nuovo che derivano da soggetti non addetti ai lavori. Spesso gli specialisti sono legati a modelli radicati che rendono difficile il cambiamento delle strutture mentali. Un’altra barriera è rappresentata dalla paura: spesso chi propone idee nuove è considerato un destabilizzatore.

Non sono regole rigide, ma punti di riferimento per imbastire un canovaccio ancora imprescindibile per allenare il nostro sistema cognitivo a prendere le distanze dalla sclerotizzazione del pensiero. Un percorso applicabile in qualsiasi settore e, certamente, più efficace rispetto al Design Thinking. Quest’ultimo può essere considerato una derivazione contemporanea del modello De Bono che, tuttavia, si concentra eccessivamente sul metodo rispetto alle pratiche informali e generative dei tentativi e degli errori.


[1] In De Bono E., Essere creativi. Come far nascere nuove idee con le tecniche del pensiero laterale. Il Sole24Ore, 1998.