Di Simone D’Alessandro
L’ordine che dai all’inizio determinerà il tuo modo di finire
Il celebre meta-logo di Bateson, intitolato “Perché tutte le cose finiscono in disordine?[1]” affronta la relazione tra ordine e disordine.
Secondo il celebre antropologo qualsiasi sistema vitale tende al disordine. L’ordine è, generalmente, un tentativo di un essere senziente di trovare una sua organizzazione, un suo sistema di classificazioni per orientarsi nel mare magnum di informazioni.
Il problema è che l’ordine che diamo all’inizio della nostra classificazione, lo riportiamo fino alla fine del nostro processo conoscitivo, come del resto sostiene anche De Bono, teorico del pensiero laterale. Il modo di iniziare e strutturare un percorso implica dei paletti che si ripresenteranno alla fine del processo. Ogni soggetto ha il suo modo di (ri)mettere in ordine un sistema di informazioni.
Ne deriva che i modi di organizzare sono infiniti, ma anche che nessun sistema ordinato potrà contenere gli altri e che non si arriverà mai a ordinare tutto.
Inoltre, nel momento in cui si costruisce un ordine, si stabilizzano i processi, ma l’evoluzione presuppone cambiamento. Ciò significa che qualsiasi fenomeno vivente e agente o qualsiasi fenomeno non vivente, ma sottoposto a processi di organizzazione da parte del vivente, tenderà verso il disordine anche dopo essere stato ordinato: una stanza di un bambino dopo essere stata ordinata dalla madre, tenderà, nel giro di qualche giorno, a ricadere nel disordine.
Esiste un ordine del disordine?
Il disordine non ha, anch’esso, un suo ordine? Perché un certo modo di strutturare e organizzare la stanza dovrebbe essere più ordinato di un altro modo? Bateson, arrivando alla formulazione di ragionamenti paradossali, afferma che questo modo di pensare non derivi necessariamente da un processo euristico e induttivo, ma da un modo di procedere eminentemente deduttivo.
Spesso noi crediamo di poter gettare le basi per l’inizio di un processo conoscitivo su di un argomento mediante un determinato sistema di classificazione che poi ci porterà a delle conclusioni solide. Invece, quell’inizio non è che uno dei modi di strutturare un pensiero su quel dato argomento.
A volte la conoscenza non è altro che un processo infinito di definizioni che rimanda ad altre definizioni senza una via d’uscita chiara, univoca e finita.
Forse è possibile parlare dei fenomeni, ma non è possibile conoscerli veramente; questa scoperta paradossale viene fatta, dall’autore, attraverso un metodo assolutamente deduttivo. Del resto, come dimostrava Goedel, ci sono delle cose che sono vere anche se non è possibile dimostrarlo.
Bateson affronta il tema dei limiti di forma e sostanza e dei limiti della conoscibilità dettati, a loro volta, dai limiti del linguaggio naturale umano che, essendo un sistema ricorsivo, organizza il pensiero in modo infinito, giocando su un sistema di regole finite.
Questo sistema ricorsivo del linguaggio sembra produrre in modo “frattale” e ricorrente un dialogo senza termine tra modalità opposte di strutturazione del processo conoscitivo anche dal punto di vista sociale, poiché il diverso modo di procedere linguisticamente, determina il diverso modo di organizzarsi socialmente.
Si può percorrere il disordine seguendo un ordine frattale e ricorsivo?
In questo senso, riprendendo il pensiero di un altro grande studioso, Abbot, potremmo dire che non esiste una conoscenza sociale scientifica sistematica, assiomatica, universale in senso formale. Esiste solo una conoscenza universale che emerge dall’accomodamento, dal conflitto (…) una conoscenza universale che offre ponti provvisori tra conoscenze locali piuttosto che mappe sistematiche (…), una conoscenza universale che punta, come lo ius gentium, a permettere lo scambio tra genti che differiscono in modo sostanziale[2]. Allora, forse, la vita intellettuale e creativa di una mente ha un carattere “frattale”. Il termine frattale deriva dal latino fractus che significa interrotto. Nelle scienze la parola frattale indica un oggetto di forma in apparenza irregolare, la cui caratteristica essenziale è quella di ripetere, in ogni sua piccola parte, l’immagine dell’oggetto intero. Allo studio matematico di questa proprietà di autosomiglianza (self–similarity) degli oggetti – sia esso una montagna, una costa, una nuvola, o una struttura molecolare – è dedicata una specializzazione del sapere chiamata geometria dei frattali.[3]
Ciò significa che la conoscenza è un continuum frattale che procede all’infinito.
Per esempio, partendo da una conoscenza interpretativa–narrativa–emergentista–contestualizzata–situata si può arrivare a un sapere positivo–analitico–individualista–non contestualizzato.
Forse il modo di conoscere è frattale, perché il linguaggio naturale che ci permette di conoscere è frattale? Allora è frattale anche la creatività perché il suo processo ricorsivo parte da una regola e conduce alla sua anti–regola! Allora il disordine potrebbe essere ripercorso attraverso un ordine frattale e ricorsivo?
[1] Un meta-logo è una conversazione su un argomento problematico. Bateson utilizza il modello del meta-logo per instaurare un dialogo tra uomo e natura, si tratta di un canovaccio creativo che procede maieuticamente come le tecniche socratiche, simulando un procedimento dialettico che è poi il rapporto che l’uomo ha sempre avuto con sé stesso e l’ambiente. Forse Ambiente e Uomo sono stati la prima “coppia creativa” ante-litteram. Il meta-logo citato si trova in G. Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 2004, p. 33.
[2] In A. Abbott, I metodi della scoperta, Bruno Mondadori, Milano, 2007, XIII, nota del curatore Marco Santoro.
[3] In A. Abbott, op. cit., p. XVII, nota del curatore.